Con la recente Risposta ad interpello n. 116 del 24 maggio 2024, avente ad oggetto un caso di conferimento di partecipazioni detenute in nuda e piena proprietà in una newco holding unipersonale, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto l’applicabilità del regime di realizzo controllato, ai sensi dell’art. 177, comma 2 bis, del TUIR.

Il caso oggetto di Interpello

La recente Risposta ad interpello n. 116 del 24 maggio 2024 ha ad oggetto un interessante caso di conferimento a realizzo controllato.

Un socio risulta essere titolare della piena proprietà del 55% delle quote di un’ipotetica società Alfa. Egli possiede altresì il 35% della nuda proprietà. L’usufrutto, con diritto di voto e alla percezione degli utili, spettano invece al padre. Rimane una ulteriore quota del 10% che non è oggetto dell’interpello.

La nuda proprietà, opportunamente ragguagliata in base all’età dell’usufruttuario, ha un valore pari al 22,75% fintanto che l’usufruttuario ha 75 anni e al 24,5% a partire dai 76 anni (11 febbraio 2024).

In sostanza, l’usufrutto vale fino al 10 febbraio 2024 il 35% e dal giorno successivo vale il 30%.

Il contribuente intende conferire sia la quota detenuta in piena che la nuda proprietà in una personal holding, applicando il regime a realizzo controllato dell’art. 177, comma 2 o comma 2-bis, TUIR.

Un caso “vicino”

Ad avviso di chi scrive la casistica è oltremodo interessante e riporta alla mente il caso della Risposta n. 290/2019 pubblicata in data 22 luglio 2019, ovvero allorquando il comma 2-bis era già in vigore.

Il caso della Risposta n. 290/2019 aveva ad oggetto tre fratelli che detenevano ciascuno il 30% in piena proprietà e il 3,33% in nuda proprietà, ciascuno senza diritto di voto. L’Agenzia, in quella occasione, pur riconoscendo l’applicazione del comma 2 al 30% detenuto in piena proprietà da ciascuno dei tre fratelli ha, tuttavia, negato l’estensione del regime a realizzo controllato al 3,33% detenuto in nuda proprietà in quanto priva dei diritti di voto.

Il caso della Risposta n. 290/2019, tuttavia, pur presentando delle indubbie analogie con il recente intervento dell’Agenzia, si caratterizza, invero, per una profonda differenza. In quel caso, infatti, non era soddisfatto il requisito dell’unico conferente.

In conseguenza di ciò, il comma 2 dell’art. 177 TUIR non poteva trovare applicazione in relazione alla quota detenuta in nuda proprietà (essendo priva del diritto di voto) ma non poteva essere invocato nemmeno il 2-bis, visto che non si tratta di un caso di costituzione di personal holding (i conferenti, infatti, erano 3 che intendevano apportare il 90% di piena nella conferitaria “holding comune”).

La ratio delle diverse norme relative ai conferimenti

Nella Risposta ad interpello n. 116/2024, l’Agenzia delle Entrate richiama la diversa ratio dei regimi dei commi 22-bis precisando che: “Nel regime delineato dall’articolo 177 del Tuir coesistono pertanto due discipline aventi presupposti ed ambiti di applicazione differenti essendo diversa la finalità: mentre nel comma 2 l’obiettivo finale è il conseguimento del c.d. controllo di diritto della società scambiata (da valutare avuto riguardo alla posizione della conferitaria e non del/dei conferente/i), nelle operazioni riconducibili al comma 2-bis, viceversa, viene attribuita rilevanza all’oggetto del conferimento, che deve essere una partecipazione definibile come ‘qualificata’, richiamando il citato comma 2-bis i medesimi requisiti indicati nell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis) del Tuir, e al requisito del controllo totalitario della società conferitaria in capo al conferente” (lo stesso richiamo si rinviene nelle Risposte ad Interpello n. 238/2021n. 57/2021n. 483/2020n. 315/2020n. 314/2020n. 309/2020n. 229/2020).

L’Ufficio, inoltre, chiarisce che il diritto di usufrutto non potrebbe beneficiare del regime del comma 2-bis, in quanto non si tratta di un conferimento di partecipazione bensì di un mero diritto di godimento.

Il chiarimento appare assolutamente coerente con le Risposte n. 147/2019n. 381/2020 ancorché diramate in relazione al regime del comma 2.

L’Agenzia, inoltre, richiama un passaggio della risoluzione n. 56/E/2023 secondo cui la partecipazione oggetto del conferimento ex comma 2-bis può essere complessivamente valutata sommando le quote detenute in piena proprietà con quelle detenute in nuda prive del diritto di voto.

Questi chiarimenti appaiono coerenti con i precedenti orientamenti espressi dall’Agenzia delle Entrate.

La soluzione del fisco e la sua legittimità

Chi scrive, tuttavia, ritiene che la Risposta dell’Ufficio – ci sia consentita ancora per un attimo la suspense – non sia assolutamente scontata, in quanto il comma 2 dell’art. 177 del TUIR può essere applicato solamente in relazione alle quote in piena o in nuda proprietà con diritto di voto con le quali si acquisisce il controllo.

Pertanto, le quote detenute in nuda proprietà senza diritto di voto non potrebbero beneficiare della norma in discorso.

Il comma 2-bis, invece, non può essere singolarmente applicato per le quote di nuda proprietà in quanto le stesse, ragguagliate per tener conto del valore dell’usufrutto, non soddisfano i requisiti di qualificazione, ovvero non rappresentano una partecipazione al capitale superiore al 25%.

L’unica soluzione, per poter concedere il realizzo controllato, appare essere quella di ritenere che la somma tra le partecipazioni in piena ed in nuda proprietà, rappresentando “complessivamente” una partecipazione qualificata, possano unitariamente beneficiare del comma 2-bis.

È infatti questo l’approccio seguito dall’Agenzia delle Entrate, la quale osserva che: “Alla luce del quadro normativo di prassi illustrato, si ritiene, pertanto, che all’unica operazione di conferimento della totalità delle quote detenutedall’Istante nella Società in una newco holding partecipata interamente dallo stesso sia applicabile il regime di realizzo controllato, ai sensi dell’articolo 177, comma 2 bis, del Tuir, nel rispetto degli altri requisiti e condizioni posti dalla norma (non oggetto del presente parere).

La Risposta dell’Ufficio è da accogliere con estremo favore in quanto ispirata di criteri di ragionevolezza. L’Agenzia, infatti, ritiene che la casistica oggetto dell’Interpello rientri nella ratio del comma 2-bis. La Risposta, tuttavia, è tutt’altro che scontata e per certi versi risulta, addirittura, contra legem atteso che il comma 2-bis esordisce, tratteggiando il proprio ambito applicativo in questo modo: “Quando la società conferitaria non acquisisce il controllo di una società”.

Ebbene, nel nostro caso, poiché il socio conferisce il 55% della piena proprietà non possiamo affermare che la holdingnon acquisisce il controllo”, per cui il comma 2-bis risulterebbe astrattamente non applicabile.

La Risposta dell’Ufficio, pur andando oltre il dato letterale di una norma, forse mal scritta, oltre ad ispirarsi a criteri di ragionevolezza evita a monte una serie di operazioni che, fermo restando la censura antiabuso, il contribuente avrebbe potuto implementare per perseguire le medesime finalità.

Lo stesso, ad esempio, avrebbe potuto dapprima conferire la nuda proprietà, unitamente ad una quota in piena proprietà sufficiente a raggiungere la soglia di qualificazione, per poi procedere ad una successiva integrazione del controllo, con un conferimento della residua quota in piena proprietà, che avrebbe consentito alla holding di ottenere la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea.

Peraltro, in questo secondo caso la holding conferitaria avrebbe potuto beneficiare della pex sul secondo conferimento, secondo la disposizione dell’art. 87 TUIR, ossia dopo il superamento dei 12 mesi dell’iscrizione della partecipazione acquisita con il conferimento e non dopo i 60 mesi richiesti dal comma 2-bis.

Che la Risposta dell’Agenzia delle Entrate si ispiri a principi di estrema ragionevolezza lo si desume anche dal fatto che, in sostanza, il contribuente conferisce una quota compresa tra il 75% e l’80% del capitale, di cui il 55% risulta in piena proprietà.

In una analoga casistica di conferimento di una quota compresa tra il 75% e l’80% del capitale con una piena proprietà che si attesta al 49% del capitale, l’applicabilità del comma-2 bis sarebbe stata fuori discussione alla luce dei chiarimenti forniti dalla risoluzione n. 56/E/2023 e probabilmente il contribuente non avrebbe nemmeno presentato interpello.

Fonte Mysolution