La Legge di Bilancio 2024 (Legge 30 dicembre 2023, n. 213) all’art. 1, comma 64 introduce un criterio di determinazione (ridimensionamento) del costo degli immobili sui quali sono stati eseguiti interventi eco e/o sisma con il bonus del 110%. Dopo il notevole incentivo che ha consentito l’esecuzione dei lavori, di fatto, senza alcuna spesa, si prevede dunque, una contromossa per evitare che in caso di successiva vendita di tali immobili in un prefissato periodo temporale, si possa sfruttare in modo speculativo la crescita di valore dell’immobile derivanti dai lavori “pagati dallo”.
Premessa
Dal punto di vista della collocazione della disposizione nel quadro giuridico di riferimento, meraviglia il fatto che la norma sia stata collocata direttamente nell’art. 67 del TUIR, pur trattandosi di fattispecie ad esaurimento, dal momento che coloro i quali, ad esempio, dovessero aver concluso i lavori nel 2023 potranno vendere l’immobile senza alcun impatto a decorrere dal 2034 (trascorsi 10 anni).
La novella decorre dalle vendite effettuate dal 1° gennaio 2024.
Le regole generali delle vendite di immobili
Come noto, per le persone fisiche, la cessione di immobili (escluse le aree fabbricabili) posseduti da oltre 5 anni o pervenuti per successione ereditaria, non sconta alcuna tassazione ai fini delle imposte sul reddito. Stesso dicasi se l’immobile è venduto prima dei 5 anni ma ha costituito per la maggior parte del periodo di possesso l’abitazione principale del proprietario o della sua famiglia. Fin qui le note regole che continuano a governare il regime fiscale della vendita di immobili che sono mantenute nell’ambito del citato art. 67 del TUIR.
Le regole specifiche per le vendite di immobili con superbonus – ambito applicativo
La nuova disposizione che aggiunge al comma 1 dell’art. 67 la nuova lettera b-bis), è bene puntualizzare sin d’ora, riguarda solo la presenza del doppio presupposto:
- trattasi di immobili che hanno ottenuto il beneficio del 110%e, dunque, non quelli che hanno ottenuto od otterranno i benefici minori (90%, 70%, 65%) secondo la scaletta temporale contenuta nell’attuale art. 119 del D.L. n. 34/2020;
- il contribuente ha ottenuto dall’esecutore dei lavori lo sconto in fattura o ha ceduto il credito a terzi riuscendo così a recuperare immediatamente (in tutto o in parte) l’esborso finanziario riferito alla esecuzione dei lavori da superbonus.
Per costoro, lo scenario di riferimento è il seguente: per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di questi immobili, i costi inerenti all’immobile ceduto rilevano come segue:
- vendite concluse entro i 5 anni – non si tiene in alcun conto le spese relative a tali interventi;
- vendite concluse oltre i 5 anni e non oltre i 10 anni – si tiene conto del solo 50% del costo dell’intervento.
Tali penalizzanti regole, vengono meno se il proprietario ha utilizzato per la maggior parte del periodo monitorato l’immobile come abitazione principale per se o per la propria famiglia.
L’impatto delle spese superbonus sugli immobili
Per inquadrare metodologicamente la novità si ricorda che l’Agenzia delle Entrate nella Risposta ad interpello 24 marzo 2021, n. 204, nel periodo in cui il superbonus faceva un balzo in avanti dopo le numerose incertezze che hanno caratterizzato i primi mesi di operatività dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020, ha chiarito con riferimento ad una istanza presentata dal un proprietario persona fisica che “Le spese rientrano tra quelle incrementative, trattandosi di spese che non attengono alla normale gestione del bene e che ne hanno determinato un aumento di valore, perdurante al momento in cui viene realizzata l’operazione imponibile. Tali spese, pertanto, possono essere considerate, ai fini del calcolo della plusvalenza della cessione infraquinquennale dell’immobile, ai sensi dell’art. 68del TUIR, tra i costi inerenti all’immobile medesimo.”
Ebbene, la novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2024, per quanto impopolare, non si può certo dire che manchi di coerenza.
Merita di essere sottolineato (segnatamente per ricordare l’esclusione della norma in commento) che nell’ipotesi in cui il soggetto che ha commissionato i lavori li abbia pagati senza fruire né dello sconto in fattura né abbia ceduto il credito, fruisce del beneficio in detrazione del proprio reddito (in 5 o in 4 anni) e in caso di incapienza del reddito la quota non utilizzata è definitivamente persa.
Lo sconto o la cessione parziale del credito
Piuttosto c’è da chiedersi quali siano gli effetti nel caso in cui detto soggetto abbia ottenuto solo per una parte dei lavori lo sconto in fattura (o abbia ceduto parzialmente il credito) detraendo nella propria dichiarazione dei redditi la differenza. Sembrerebbe coerente che la quota di lavori restata a carico del titolare dell’immobile possa essere considerata ai fini della individuazione del costo dell’immobile da contrapporre al prezzo di vendita per individuare il capital gain da tassare, secondo le regole ordinariestoricizzate.
Si ricorda che in caso di vendita dell’immobile, salvo non sia diversamente pattuito nell’atto di compravendita, la detrazione residua passa all’acquirente, così come in caso di decesso del titolare della detrazione la detrazione residua compete all’erede (o agli eredi) che di fatto hanno il possesso dell’immobile caduto in successione.
L’applicazione al costo dell’indice ISTAT
La novella legislativa si conclude prevedendo per questi immobili con beneficio del 110% (sconto o cessione) acquisiti o costruiti, da oltre cinque anni alla data della cessione, che il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, determinato ai sensi dei periodi precedenti, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. È opportuno riportare il passaggio della relazione illustrativa a commento di questa disposizione: “per gli immobili ricompresi nel citato articolo 67, comma 1, lettera b-bis, che, alla data della cessione, siano stati acquisiti o costruiti da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, determinato in base alle regole previste dall’articolo 68 così come novellato, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati”.
Il passaggio si presta ad incertezze e richiede un chiarimento interpretativo ufficiale. In particolare, non si comprende se la rivalutazione del costo degli immobili che hanno fruito del 110% debba riguardare solo il costo d’acquisto e/o di costruzione (ma molti sismabonus hanno comportato l’abbattimento e la ricostruzione dell’immobile) o anche le spese incrementative riferite ai lavori di efficientamento energetico e consolidamento sismico. Il fatto è che la norma, come sopra visto, a seconda del periodo di tempo trascorso dalla conclusione dei lavori (meno o più di 5 anni e non oltre 10) riduce la rilevanza di tali spese in caso di vendita dell’immobile. Sembrerebbe logico che la spesa per la quota che non rileva ai fini della nuova disposizione (100% 0 50%) non possa essere rivalutata. A ciò sembra pervenirsi tenuto conto che la rivalutazione riguarda il costo “determinato in base alle regole previste dall’art. 68 così come novellato”.
Nell’ipotesi di un immobile
• acquistato nel 2019 e pagato € 200.000
• con lavori superbonus eseguiti nel 2022 per € 100.000
• ceduto nel 2028 (oltre 5 anni dall’acquisto).
Ebbene il costo d’acquisto (€ 200.000) incrementato, a seguito delle regole prima viste, del 50% dei lavori superbonus (€ 50.000), al fine di individuare il costo da contrapporre al prezzo di vendita, può essere rivalutato con l’indice ISTAT.
Dunque:
• costo d’acquisto (€ 100.000 – rivalutato ISTAT periodo 2020-2028)
• 50% delle spese da superbonus 110% (€ 50.000 – rivalutato ISTAT periodo 2022-2028).
Sulla problematica è opportuna una presa di posizione ufficialeda parte degli organi competenti.
Le spese sostenute non dal proprietario dell’immobile
Ad evitare fraintendimenti, è anche previsto, dal punto di vista del perimetro applicativo della norma, che la stessa sia riferita agli interventi “in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi dirittoabbiano eseguito gli interventi agevolati”. Infatti, potrebbe accadere che chi cede l’immobile non sia il soggetto che ha realizzato l’intervento, dal momento che questo può essere stato commissionato e pagato dal coniuge, locatario, comodatario; purtuttavia l’immobile oggetto di vendita ha comunque visto accrescere il suo valore per effetto dei lavori su di esso eseguiti.
La possibile elusione
Certamente sarà bollata come elusiva una manovra volta ad aggirare l’ostacolo.
Si immagini il caso di un genitore, il quale entro il periodo di monitoraggio (5/10 anni) dona al proprio figlio l’immobile su cui ha fruito dell’incentivo 110%. L’immobile si trasferisce al figlio al costo sostenuto dal genitore posto che l’art. 68 del TUIR stabilisce che “Per gli immobili di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 67 acquisiti per donazione si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante”. Ebbene, per quanto il costo dei lavori superbonus sia stato “rimborsato” dallo Stato la nozione di costo resta immutata, tenuto conto delle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (cfr. Interpello 24 marzo 2021, n. 204).
Resta il fatto che, ad avviso dello scrivente, è da ritenersi che la norma oggetto del presente approfondimento segua di fatto l’immobile e non il soggetto che ha commissionato i lavori e che ha fruito del bonus.
Se così non fosse varrebbe il seguente detto: “fatta la legge, trovato l’inganno”.
Riferimenti normativi:
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